A distanza di quasi due mesi dal lockdown italiano, le reazioni delle persone sono delle più svariate. Recentemente Antonio Polito, vicedirettore del Corriere della Sera, ha aperto una interessante finestra di dibattito su un sottile e strisciante fenomeno che si sta insinuando nelle nostre famiglie e nelle nostre menti ovvero l’adattamento all’attuale condizione con conseguente scarsa voglia di RICOMINCIARE.
Fortunatamente questo fenomeno sembra abbastanza contenuto ma è comunque uno stato d’animo negativo che dobbiamo contrastare ed evitare possa estendersi.
La quarantena ha inciso sui nostri comportamenti in modo diverso nelle varie fasi temporali che didatticamente potremmo dividere in tre momenti che si sono protratti per intervalli di tempo più o meno lunghi secondo la nostra sensibilità.
La prima fase è stata caratterizzata dalla voglia di solidarietà e di coraggio motivazionale e potremmo etichettarla come “la fase dei balconi”.
Era il modo di reagire alla paura e al cambiamento cercando, a distanza, il conforto degli altri, di quelli che fino al giorno precedente ignoravamo; erano i giorni in cui i bambini vivevano questi momenti come una “festosa novità” e si improvvisavano concerti o si imbandieravano le finestre come nelle giornate successive alla conquista del campionato mondiale di calcio.
Era in realtà il modo di esorcizzare la paura del rischio di contagio e delle incertezze del domani. La fase dei “balconi” non si è protratta a lungo lasciando poi il campo a quella che potremmo definire “della programmazione”, caratterizzata dai consigli su come organizzare le nostre giornate, sugli inviti a praticare attività fisica e a non lasciarci andare alla trasandatezza nell’abbigliamento. Abbiamo fatto delle tabelle e distribuito compiti ai vari componenti della famiglia. Siamo andati nei supermercati ed abbiamo comprato di tutto e di più, abbiamo riscoperto, in molti casi, l’arte di fare il pane e la pasta come un gioco a cui partecipavano tutti i componenti della famiglia. Abbiamo imparato a conoscere ed apprezzare lo “smart working” e le lezioni “on line” dei nostri figli ma, in taluni casi, ci siamo dovuti confrontare anche con le difficoltà legate alla indisponibilità di un numero sufficiente di questi presidi tecnologici adattandoci alla turnazione del loro utilizzo. E’ stato riscoperto il valore degli scienziati anche se spesso i loro pareri discordanti hanno contribuito a generare confusione. Parole che non facevano parte del nostro vocabolario sono diventate di uso corrente come “indice di contagio” e ”zona rossa” mentre altre come “mortalità” e “numero di ricoverati in terapia intensiva” con i loro numeri sempre in crescita hanno creato non poca apprensione.
Siamo diventati degli avidi spettatori di talkshow e telegiornali, degli attenti lettori di quotidiani e riviste ed abbiamo apprezzato il coraggio di medici, infermieri e di tutto il personale sanitario che ha pagato con la vita l’impegno profuso per curare i pazienti. Abbiamo ringraziato ed apprezzato lo sforzo di categorie di lavoratori che ignoravamo e che fino al periodo precedente la quarantena non consideravamo importanti ovvero tutti quelli che hanno assicurato la continuità della catena distributiva alimentare. I VIP hanno aperto “virtualmente” le loro dimore invitandoci ad imitarli rimanendo a casa, spesso, dimenticando che non tutti dispongono di giardini, terrazzi o ampie abitazioni e che non tutti hanno certezze per l’oggi e per il domani.
Ora che l’epidemia sembra diminuire, stiamo assistendo alle dispute politiche sia sulle possibili date di riapertura delle varie filiere produttive sia sulle diverse opinioni in merito agli atteggiamenti da assumere nei riguardi dell’EUROPA relativamente agli aiuti economici.
Sembra di intravedere la “luce in fondo al tunnel” ma quanto saremo cambiati quando raggiungeremo questa luce?
In questo momento siamo diventati spettatori di eventi sulla cui evoluzione non possiamo incidere, mentre siamo in attesa della tanto annunciata FASE 2 ancora avvolta nella nebbia delle date e delle modalità di attuazione. Ci ripetiamo come un mantra lo slogan “nulla sarà come prima”, parlando dei cambiamenti della nostra futura vita di relazione e lavorativa ma invece dovremmo domandarci come saremo NOI perché in realtà “tutto sarà come prima ma in modo diverso”.
Probabilmente stiamo entrando nell’ultima fase della quarantena che potremmo definire dello “Sprint finale”. E’ il momento in cui dobbiamo trovare la forza per ripartire, la voglia di accettare le nuove sfide che la società ci porrà, il coraggio di buttare il cuore oltre l’ostacolo e sprigionare tutte le energie che abbiamo accumulato durante l’isolamento. Dobbiamo evitare di rimanere impantanati nella paura del cambiamento, nel rischio di assuefarci a questa condizione di spettatori passivi in cui altri decidono, dobbiamo essere resilienti e prepararci alle battute conclusive.
Questo sprint finale pertanto deve rappresentare quel metro in più e quel colpo di reni, per usare metafore sportive, che ci conducano al nostro traguardo. E’ importante scoprire dentro ognuno di noi quella forza interiore che rappresenta la voglia di farcela. Evitare di “assuefarsi” a questa condizione pensando che qualcosa accadrà o che comunque uno stipendio o un qualche fatturato tanto arriveranno Ognuno deve fare la sua parte. E’ il momento di lavorare su sé stessi per fare riemergere le proprie risorse personali e ritrovare quell’equilibrio interiore che molte persone purtroppo hanno perso. Personalmente stimolo questo processo nei corsi e nelle sessioni di coaching individuali, attraverso il metodo “ORA”, modello da me creato per aiutare le persone a “tracciare” la rotta della propria vita e ad avere una strategia efficace per raggiungere i propri obiettivi.
Per concludere, riconosciamo che questo è lo sprint finale che tutti dobbiamo fare. Diamo il nostro meglio e ritroviamo la personale serenità che ci dà stimoli e voglia di rimetterci in gioco.